venerdì 30 aprile 2010

Blockbuster si chiama bancarotta

Il logo blu e giallo della famosa catena di film in DVD da affittare sta tremando alla stessa maniera in cui fece tremare a suo tempo le major con la minaccia di svuotare i cinema e riempire i salotti. Ora sottominaccia di fallimento è proprio Blockbuster, messo in crisi da Internet e non certo dal file sharing illegale quanto dalla sempre maggior diffusione dei servizi on demand: e così la storia si ripete, il cinema messo in crisi dai DVD e questi ultimi messi in crisi dal Web; secondo gli economisti è la legge dell’evoluzione del mercato, secondo i dirigenti di
Il logo blu e giallo della famosa catena di film in DVD da affittare sta tremando alla stessa maniera in cui fece tremare a suo tempo le major con la minaccia di svuotare i cinema e riempire i salotti. Ora sottominaccia di fallimento è proprio Blockbuster, messo in crisi da Internet e non certo dal file sharing illegale quanto dalla sempre maggior diffusione dei servizi on demand: e così la storia si ripete, il cinema messo in crisi dai DVD e questi ultimi messi in crisi dal Web; secondo gli economisti è la legge dell’evoluzione del mercato, secondo i dirigenti di Blockbuster si chiama bancarotta.
La catena da Dallas, Texas, nata 25 anni fa e con circa 6.500 negozi in tutto il mondo di cui quattromila sedi soltanto negli States e qualche centinaio in Italia, naviga in acque così cattive che avrebbe deciso di aggrapparsi al salvagente del Chapter 11, la legge Usa che disciplina la bancarotta. A provocare la crisi è stata Internet, ma non il tanto odiato e perseguitato(ma in realtà molto poco incisivo) file sharing illegale; la colpa è stata prima della TV via cavo, come Time Warner ad esempio, e poi di siti come NetFix, la catena che permette agli abbonati, con una cifra di partenza sotto i 10 dollari, di richiedere via Web il film direttamente a casa: un successo che porta oggi il gruppo a crescere del 20 %. E sempre la rete ha sancito anche il trionfo del video on demand, anche solo in affitto, dai negozi virtuali come iTunes e Amazon.
Insomma la crisi è così nera da aver già fatto prevedere tagli da 200 milioni e la chiusura di quasi 800 negozi. Mentre l’annuncio della possibile bancarotta fa crollare del 30 % anche i titoli della catena, la dirigenza è comunque al lavoro per tentare di salvare il salvabile, cercando di recuperare il ritardo con i concorrenti, ad esempio permettendo finalmente il servizio di ordini via Web e soprattutto sviluppando una catena di chioschi (ne ha installati già più di 2000) sull’esempio di RedBox, l’altro grande rivale, che ha migliaia di macchinette strategicamente piazzate nei centri commerciali, da cui prelevare facilmente DVD al prezzo di un dollaro al giorno, cosa possibile in quanto appunto mancano locali, spese e stipendi dei dipendenti.
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La catena da Dallas, Texas, nata 25 anni fa e con circa 6.500 negozi in tutto il mondo di cui quattromila sedi soltanto negli States e qualche centinaio in Italia, naviga in acque così cattive che avrebbe deciso di aggrapparsi al salvagente del Chapter 11, la legge Usa che disciplina la bancarotta. A provocare la crisi è stata Internet, ma non il tanto odiato e perseguitato(ma in realtà molto poco incisivo) file sharing illegale; la colpa è stata prima della TV via cavo, come Time Warner ad esempio, e poi di siti come NetFix, la catena che permette agli abbonati, con una cifra di partenza sotto i 10 dollari, di richiedere via Web il film direttamente a casa: un successo che porta oggi il gruppo a crescere del 20 %. E sempre la rete ha sancito anche il trionfo del video on demand, anche solo in affitto, dai negozi virtuali come iTunes e Amazon.
Insomma la crisi è così nera da aver già fatto prevedere tagli da 200 milioni e la chiusura di quasi 800 negozi. Mentre l’annuncio della possibile bancarotta fa crollare del 30 % anche i titoli della catena, la dirigenza è comunque al lavoro per tentare di salvare il salvabile, cercando di recuperare il ritardo con i concorrenti, ad esempio permettendo finalmente il servizio di ordini via Web e soprattutto sviluppando una catena di chioschi (ne ha installati già più di 2000) sull’esempio di RedBox, l’altro grande rivale, che ha migliaia di macchinette strategicamente piazzate nei centri commerciali, da cui prelevare facilmente DVD al prezzo di un dollaro al giorno, cosa possibile in quanto appunto mancano locali, spese e stipendi dei dipendenti.

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