mercoledì 27 gennaio 2010

Fondi di energia, quelli del caffè


Vi state facendo un buon caffè? Bene! State buttando via i fondi del caffè? Male! Sono preziosissimi. Da poco si è scoperto che possono essere riciclati e possono rivivere sotto forma di cosmetici o di biocombustibile.
Un gruppo di ricercatori romani ha scoperto che dai fondi del caffè è possibile estrarre dei polifenoli, cioè delle sostanze naturali con spiccate proprietà antiossidanti, che potrebbero essere utilizzati nell'industria cosmetica e non solo.

Roberto Lavecchia e Antonio Zuorro, del Dipartimento di Ingegneria Chimica dell’Università di Roma “La Sapienza”, hanno recentemente sviluppato un procedimento innovativo che utilizza la polvere di caffè esausto per produrre composti bioattivi ad alto valore aggiunto e un residuo suscettibile di ulteriore valorizzazione.
Il processo sviluppato ne prevede invece l’uso come materia prima, a costo praticamente nullo, per ricavarne una miscela di polifenoli e un residuo inerte utilizzabile in campo energetico o per la depurazione delle acque.
Ci facciamo spiegare tutto da Antonio Zuorro, l'ingegnere che ha condotto lo studio. Ascolta l'intervista!
Per le loro spiccate proprietà antiossidanti i polifenoli, o composti fenolici, sono già da tempo utilizzati nel settore farmaceutico, cosmetico e dietetico-alimentare. La possibilità di ottenerli da una materia prima di scarto, quali sono i fondi di caffè, potrebbe aprire nuovi interessanti scenari di sviluppo e di mercato.
La produzione mondiale di caffè supera i 6 milioni di tonnellate annue e tale cifra rappresenta, in prima approssimazione, i quantitativi di rifiuto solido complessivamente prodotti. Le fonti di generazione di questa tipologia di rifiuto sono molteplici: le industrie produttrici di caffè solubile, il comparto della ristorazione (bar, ristoranti, mense), le utenze domestiche e i luoghi di lavoro dove si utilizzano macchine automatiche per il caffè.
L’impiego di queste macchine comporta anche la dispersione nell’ambiente delle capsule monodose (in polipropilene e/o alluminio) in cui è contenuto il caffè.
Un primo dato interessante che è emerso nel corso delle ricerche è l’elevato contenuto di composti fenolici, che ne giustifica ampiamente il recupero dallo scarto.
Successivamente si è passati all’individuazione delle condizioni ottimali del processo di estrazione di questi composti e alla scelta di un solvente estrattivo che fosse al tempo stesso efficiente e non tossico o nocivo per l’ambiente. Impiegando un solvente formato da acqua ed etanolo (il comune alcol presente nei vini e nei distillati di uva) è stato possibile recuperare tra il 90 e il 95% dei polifenoli totali presenti nel rifiuto. Il solvente, inoltre, può essere completamente recuperato al termine dell’estrazione e riutilizzato in ciclo chiuso, e in tal modo il processo non genera nessun tipo di rifiuto o di effluente da smaltire. E’ stato anche appurato che gli estratti ottenibili con tale procedimento sono dotati di un’elevata capacità antiossidante, superiore a quella di numerosi antiossidanti sintetici.
Il residuo solido inerte che rimane dopo l’estrazione dei composti fenolici possiede un altissimo potere calorifico, superiore a quello di legni pregiati. Ciò lascia intravedere la possibilità di realizzare un processo integrato in cui l’estrazione dei polifenoli dalla polvere
di caffè è seguita dalla produzione di un biocombustibile, in forma di pellets o di bricchette, utilizzabile per riscaldamento.
Lo stesso gruppo di ricerca sta valutando soluzioni alternative di impiego e valorizzazione del residuo inerte. Un’interessante possibilità è costituita dalla realizzazione di dispositivi per la rimozione di metalli pesanti da acque contaminate. Il solido che si ottiene al termine del processo di estrazione dei polifenoli si è rivelato, infatti, un ottimo adsorbente nei confronti di piombo, cadmio, ferro e altre specie metalliche.
Il problema del piombo nell’acqua potabile è legato alla presenza ancora diffusa di tubazioni e strutture in piombo. Col passare del tempo questo metallo si solubilizza nell’acqua e tramite l’acqua viene introdotto nell’organismo, dove si accumula dando
luogo a disturbi del sistema nervoso e immunitario oltre che a un alterato metabolismo del calcio. I bambini e i feti risultano particolarmente a rischio, per la maggiore facilità con cui il loro organismo assorbe il piombo.

E' importante sviluppare la pratica di riciclo e non di smaltimento le cose cambiano solo se noi vogliamo.

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